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La Data Intelligence al servizio delle strategie decisionali

Marco Belmondo

di Marco Belmondo (Chief Marketing Officer del gruppo Datrix)

In quest’ultimo periodo, si parla molto della necessità di utilizzare e valorizzare le grandi moli di dati a disposizione (i cosiddetti Big Data) per migliorare le decisioni aziendali, agendo in maniera proattiva e ottimizzando i risultati. Nonostante le buone intenzioni, le aziende si scontrano spesso con differenti problemi legati alla trasformazione data-driven, problemi legati alle competenze necessarie, alle tecnologie per gestire e analizzare i dati, al necessario cambio culturale per affiancare all’esperienza di operatori e manager gli insight derivanti dai dati.

Proviamo a capire in questo articolo come conciliare al meglio data intelligence e strategie decisionali.

Come passare dai dati alla Data Intelligence

Partiamo dagli aspetti più tradizionali, pensiamo a tutte le operazioni che vengono svolte in un’azienda (es. fatture, pagamenti, produzione), il tracciamento di tutti questi processi in movimento genera naturalmente dei dati. Estrarre delle informazioni di valore da questi dati passa attraverso quel processo ben noto con il nome Business Intelligence.

Per Business Intelligence (o BI) si può far riferimento alle tecnologie che permettono di immagazzinare, analizzare e visualizzare i dati ma, probabilmente, in maniera più compiuta, si deve intendere la BI come l’insieme di tecniche, tecnologie e processi che portano ad estrarre dai dati dei messaggi rilevanti per il business.

Questo percorso, ormai consolidato – almeno per le aziende più grandi – su dati tradizionali, quali ad esempio i dati operazionali aziendali, può essere molto più complesso se si cerca di lavorare con dati eterogenei per fonte e formato o che hanno necessità di velocità d’analisi molto superiori. Il primo tema da affrontare è dunque tecnologico: infrastrutture adeguate, spazi di storage performanti e, soprattutto, non sottovalutare i due temi della governance e dell’integrazione dei dati. Avere dei dati governati – ovvero integri, interrogabili, di buona qualità e in sicurezza – e integrati (o facilmente integrabili) è un prerequisito necessario.

Oltre alle tematiche appena affrontate, come secondo passo ci si concentra sui software di analisi o sulle metodologie (es. quale algoritmo utilizzare per rispondere a questa domanda di business?), tuttavia per traghettarsi verso la data intelligence il vero passo da compiere è a monte. È importante conoscere i linguaggi di programmazione e gli algoritmi, ma è ancor più importante conoscere i dati per comprendere a quali domande possono rispondere. Dall’altro lato, è importante conoscere il proprio business per formulare domande che siano effettivamente rilevanti per l’azienda in quel preciso momento.

La Data Intelligence non è (solo) una materia per Data Scientist, questo è il punto principale da comprendere. La collaborazione tra figure di business –che conoscono approfonditamente il proprio processo e ne comprendono quindi le questioni aperte – e figure esperte di Data Science, in grado di riformulare con variabili e algoritmi le problematiche sollevate, è centrale per far sì che le strategie decisionali diventino data-driven.

Per accelerare questo passaggio, un ruolo rilevante possono svolgerlo gli strumenti di data visualization. Questi strumenti – tra i più noti possiamo citare Tableau, PowerBI, Google Data Studio – sono in grande crescita e si arricchiscono ogni giorno di nuove funzionalità, proprio perché nelle aziende permettono anche a figure non specialistiche, senza competenze tecniche, di avvicinarsi ai dati.

Gli analisti internazionali citano questa tendenza con il nome di Self-Service Data Analytics, ossia quell’insieme di meccanismi tecnologici e organizzativi volti a fornire maggiore autonomia agli utenti di business nell’interazione con i dati. Anche poter creare un semplice grafico o svolgere una semplice analisi, può supportare un importante cambiamento culturale che porterà ad utilizzare effettivamente i dati nelle decisioni.

Volendo riassumere, per passare dai dati alla Data Intelligence, sarà sicuramente importante dotarsi di strumenti adeguati a immagazzinare, processare, governare e analizzare sempre più dati, ma il vero passo da compiere è la promozione di un cambiamento culturale che avvicini anche le figure più operative all’informazione. Ciò è ancor più vero per gestire il mondo dell’online, basti pensare alle moli di dati che è possibile tirare fuori da un sito web, da un eCommerce o anche soltanto da una pagina sui social network. Il pericolo di esserne sopraffatti è concreto, in mancanza di una strategia organica.

Trasformare le strategie decisionali attraverso la Data Intelligence

Dopo aver parlato di aspetti culturali, va affrontato un ultimo punto: utilizzare la data intelligence per trasformare le strategie decisionali può significare, nel concreto, dover ripensare totalmente alcuni processi.

I dati, in alcuni casi, possono addirittura automatizzare dei processi. Si pensi ai chatbot, per citare un’applicazione molto nota, ma anche al mondo dell’advertising in cui l’approccio del programmatic (ovvero delle aste online per l’acquisto di spazi pubblicitari) ha rivoluzionato il mercato. Un altro esempio è il tema del dynamic pricing, in cui il prezzo di un prodotto viene automaticamente modificato su un sito web.

È ovvio che automatizzare, totalmente o parzialmente, un processo porta ad una grande trasformazione delle strategie decisionali basata sui dati e per questa trasformazione bisogna essere pronti, sia da un punto di vista tecnologico sia da un punto di vista di change management.